DREAM SCENARIO, sognare (ed essere sognati) di diventare il nuovo Ari Aster

Eccoci alla prova del nove per Borgli, dopo lo sballo di Sick of myself – ancora vivo nella memoria.

Il marchio A24 subito indirizza la barra e infatti il film, saltando un secondino alle conclusioni, ci appare molto AriAsteresque (il regista è tra i produttori), nell’uso del suono, dell’attore protagonista, di questo nuovo modello di perturbante dal sapore horror che vuole essere anche psicologico, contemporaneo e disturbante. Ma il film è del Borgli sorprendente di Sick, per l’appunto, quindi sa andare altrove, pur non presentando quel registro alieno da tutto così vivo e conosciuto da noi uomini degli anni 20 del Duemila che in Sick of myself dominava e caratterizzava senza mezzi termini la visione.

La veste di Dream Scenario è da film indipendente americano (quale è), per ambientazione, lingua, messa in scena. Poi i temi cari al nostro da subito, nel ritmo travolgente che sa offrire (anche montatore, e sceneggiatore unico qui): la viralità come mania e ultima spiaggia per essere visibili o (qui) raggiungere il successo, la disfunzionalità dei rapporti umani, l’attesa dell’evento come cataclisma sociale (!!!). Sappiamo dello spunto dietro all’idea dell’essere sognati, vicenda realmente accaduta nel 2013 e inventata per inondare il web. Uno spunto quindi circoscritto (non esisteva il personaggio sognato da molti, una grande fake news), che nella prima parte, e forse anche fino ai sogni violenti che rappresentano il turning point principale, si direbbe sviluppato in modo vincente. Quando avviene la seconda sorpresa del film, il Nitrio e l’invenzione di Paul, allora la coerenza complessiva pare venir meno, fa sorridere e si capisce quanto sia una strada necessaria a raggiungere il finale, ma a naso convince poco e volge in modo insoddisfacente la cifra del Borgli.

Mi spiego meglio. Dove può andare a parare il film, cosa sta dicendo e vorrebbe dire? Proviamo un rapido riepilogo. Paul è passato dall’altra parte del “sogno”, dopo l’ebbrezza della celebrità dell’essere sognato, ed ora tutti sono turbati, specie i suoi studenti, dal sognarlo violento e violentatore. Non ha colpe ma la sua immagine è compromessa: perde il lavoro, la famiglia, gli amici. Solo la Francia, terra lontana dove racimolare qualche briciola di celebrità, lo accoglie e lo pubblica, anche se cambia titolo al libro e lo confina in un altro basement “invisibile” a firmare copie. Nero, terza rottura. Siamo dalle parti del Cronenberg di ExistenZ ora, e di Shyamalan forse (penso a The village e al suo clamoroso finale). Il Nitrio è uno strumento che ti consente di entrare nei sogni altrui e mettere in pratica, in modo controllato e positivo, il mistero della storia di Paul. Anche lui decide di usarlo, per recuperare la moglie ed essere agente, non più passivo, per riconquistarla in quella dimensione onirica che fino a quel momento è stata la sua condanna.

Interessante, ora che lo riepilogo così, il rovesciamento attuato da Borgli, e significativo. Ma perché non convince? Perché vuole tenere tutti i pezzi insieme, perché non lascia andare il cotè familiare debole e poco interessante, perché non riesce a restare fedele al suo assunto. Ecco che torna allora il limite di uno spunto che per quanto tu sia brillante e pieno di idee, alla tua prima prova americana con un grandissimo attore a disposizione, è davvero difficile riuscire a trasformare in qualcosa di pienamente convincente in tutta la sua durata.

Finale a suo modo disturbante ma in modo critico, cinefilo, al di là della ricerca del regista – disturba cioè che il film si arrenda al bisogno di chiusura come anche di speranza, che non riesca a dare un’ultima stoccata.

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