R.M.N. di Christian Mungiu, lago di maschere senza paura

Film complesso da discutere, che per 9/10 si pone come qualcosa di certo, specie se si conosce la severità di sguardo e di approccio del suo autore. A volte delude per passaggi prevedibili e macchinosi, altre emoziona e aggancia, specie durante quegli straordinari 17 minuti di assemblea cittadina – il film su una collettività che DIVIENE quella collettività – infine si trasforma nell’ultima porzione in non so cosa, viene da pensare alla deriva di Synecdoche New York, impazzisce e sposa senza paura nelle ultimissime scene il punto di vista alterato e perso del suo protagonista, sotto shock per il suicidio del padre.

Ti aspetti vada a chiudersi su un omicidio di massa (e quei rumori fuori campo non sapremo mai a che rivolta appartengono) o un colpo di testa, invece si incanala in un buco nero placido e definitivo che bene lo rappresenta, va a specchiarsi in un lago di maschere che meglio non potrebbe restituirne il senso, quello di una comunità impazzita, a cui la UE e il mondo globale hanno tolto la terra sotto ai piedi invece che concedere un’opportunità, in cui i riferimenti di questa contemporaneità così ben distribuiti nel corso della storia si rivelano essere nient’altro che maschere, in questo caso da orso, che nemmeno sanno spaventare – lasciano in silenzio, sgomenti, ad ascoltare una musica (di un altro film) che conosciamo tutti a memoria.

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