NUESTRO TIEMPO di Carlos Reygadas. La cultura non ci salverà

Opera particolarmente leggibile dopo sei anni dal sublime circuito chiuso di Post Tenebra Lux (Miglior regia a Cannes), questa imponente Scena da un Matrimonio tra artisti ci consegna tre ore di immagini sontuose, cosa non nuova nel cinema del nostro, e un plot lineare che affronta uno dei temi universali (quanti saranno, una decina in tutto?), l’infedeltà coniugale, appoggiandosi sovente e soprattutto nel finale sulla giustapposizione col mondo naturale delle fiere, dei tori, che circondano i protagonisti ed offrono uno schermo contro cui infrangersi e riflettere sull’accaduto.

Juan è un poeta di successo ed anche “fazendero” di una grande proprietà con animali e personale di servizio, tre figli con cui ha un rapporto maturo ed una bella moglie con cui parla, e molto, sempre, di tutto. E che ama, e dalla quale vorrebbe essere amato. Quando lei lo tradisce lui non si infuria per il desiderio da lei provato verso un altro uomo ma perché non ne ha parlato con lui, non ha condiviso questo momento per rifletterne insieme, passaggio che entrambi sembrano dare per implicito nel loro contratto di matrimonio, che questa parola salvifica possa ben accompagnare la liceità di incontrare altri corpi senza mettere a rischio il matrimonio.

Due ore e 56 di grandi momenti registici (la mdp finisce anche dentro il motore di una macchina o agganciata al carrello di un aeroplano, riesce ad illuminare la notte e i crepuscoli come raramente capita di vedere al cinema) e di impegnativa visione, in una sarabanda di scene da matrimonio che finisce, e lo capiamo in vari passaggi del suo sviluppo, per dimostrare quanto parola e cultura non potranno salvarci dalla deriva che la civilizzazione inevitabilmente ha prodotto, la presunzione di poter controllare i sentimenti e la propria vita.

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