Un amore clandestino si consuma nella Gerusalemme divisa tra arabi e israeliani. Basta una leggerezza (oltrepassare il muro ed entrare in Palestina è vietato ai cittadini israeliani, rischiano multa o galera) per scatenare l’inferno, sospetti reciproci che alimentano un conflitto sempre più complicato: terrorismo o tradimento, collaborazionismo o martirio, persino prostituzione sono le accuse distanti anni luce che israeliani e palestinesi rivolgono ai due protagonisti del film, esseri umani comuni i cui corpi si sono incontrati giusto per soddisfare un desiderio di carne, che altrove si sarebbe risolto in modo più semplice e magari pacifico. A Gerusalemme invece il meccanismo psicologico dell’occupazione militare produce imprevedibili reazioni a catena, e tremende conseguenze.
Seppur limitato da una fattura per molti aspetti artigianale e alcune scelte di cast discutibili, i reports di Sarah e Saleem (peccato l’originale dei “rapporti”, così importanti nella trama, si sia perso nella traduzione del titolo in italiano – non oso immaginare cosa sia accaduto col doppiaggio…) costruisce la propria parabola senza intoppi e con qualche emozionante twist, soprattutto nell’ultima mezz’ora, delineando personaggi vittime del proprio ruolo sociale e della fazione a cui appartengono, concedendo alle figure femminili, su cui infatti il film si chiude, le uniche scelte coraggiose e umane in un mondo dominato da uomini in guerra, blindati e ciechi dietro la propria barricata.
L’auspicio è di assistere più spesso ad operazioni simili, capaci di raccontare, seppure con l’ausilio di qualche inevitabile schematismo, l’assurda realtà del conflitto arabo-israeliano e la misura quotidiana di una convivenza che forse, più facilmente di quanto la politica si ostini a ripetere, potrebbe essere normalizzata, pacificata. E’ quello che vogliono tutti, arabi e israeliani.
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