DISCO BOY vola e spreca malamente la sua attesissima partita internazionale

Finalmente uno dei talenti italiani di taglio internazionale più interessanti, vincitore a Torino 2009 col cortometraggio Archipel, conosciuto durante la promozione in festival di corti, approda al lungometraggio. Sinceramente non sono un suo seguace né vado matto per il suo stile così ellittico e a volte altezzoso, ma mi rallegro per un percorso di alto profilo che giunge al salto decisivo. Qui poi il concept suona complesso: parlare della legione straniera, di culture e mondi che si intrecciano, una scommessa a dir poco ambiziosa.

La prima parte funziona ed avvince, certo sempre viziata dalla nota tendenza di Abbruzzese a sfilacciare la narrazione, a renderla dispersiva e complessa. Mi pare ci sia sul tavolo tantissima fiducia nei propri mezzi e poca disponibilità ad immaginare/accontentare uno spettatore che il tuo film vorrebbe seguirlo e goderne, non solo rimanerne ammaliato. Proseguendo, il film peggiora in queste sue tendenze, per precipitare in un finale arroccato, si direbbe montato tante volte, incoerente e insoddisfacente a diversi livelli. Il premio a Berlino suona francamente eccessivo, per pressioni di vario tipo oppure perché abbagliati da dimensioni impattanti? Alla fine in mano resta poco o nulla, toccherebbe tornare a Archipel per ritrovare urgenza e misura, un senso di riuscita generale dell’opera che a malincuore manca anche nei cortometraggi realizzati dall’autore successivamente.

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