OPPENHEIMER, Nolan noiosamente destinato alla Grande Storia

Arrivo alla fine con fatica e disinteresse, eccezion fatta per l’ultimissima porzione. Vediamo perché. Un film che forse vincerà l’Oscar come migliore dell’anno, ci sta, che però non risulta alla fine né riuscito né sbagliato – galleggia in mezzo, avvicinandosi ad un polo come all’altro per tutta la sua lunga durata, senza mai risultare pieno, senza mai dare una chiave di giudizio. Inanello qualche considerazione sparsa proprio perché non si tratta di una recensione ma di reazioni a ciò che ho visto.

First of all, inquina ogni cosa questo ridondante sound design che propone una stessa formula con insistenza, violini e tappeti “cavalcanti” onnipresenti, a dare la sensazione di un’enfasi cercata, indubbiamente per creare un’atmosfera e una tensione altrimenti assenti. Alcuni attori paiono straordinari, il ruolo-di-una-vita Cillian Murphy ma soprattutto Downey jr, da Oscar. La mia adorata Florence Puig sprecata, Emily Blunt fastidiosa – sarebbe stata bella una scelta più coraggiosa per quel ruolo, anche per inspessire il solito personaggio femminile nolaniano monocorde. Prima parte tanto spiegosa, poi il turning point del test nucleare cambia le carte in tavola, la grande scena che funziona e che (prevedibilmente, seguendo i feelings del pubblico) apre la strada al rimorso del protagonista, ai sensi di colpa, alla morale spiccia. Trovata alla The master dei corpi nudi e scopanti di Oppy e Puig nella sala del giudizio che ho trovato francamente bruttissima, e che cozza senza pudore con il resto. Al solito è sempre tutto ribadito, nei dialoghi e nella progressione drammaturgica, purtroppo, ma Nolan ormai ha i suoi viziacci, lo sanno bene anche i suoi estimatori. Meglio sorvolare sull’osceno trucco nel flash-forward dell’epilogo, Blunt e Safdie in particolare.

Ma dicevo nell’attacco che la sorpresa arriva nell’ultima ora. Seppure ancorati ai bisogni di intreccio suspense e scioglimento, che devono risolvere il cammino parallelo dei diversi piani temporali e suonano un po’ forzosi, a naso per mano dello Studio, quello che funziona e finalmente “acchiappa” è la sezione legal-thriller, la suspense e la creazione del villain “a sorpresa”, l’arrivo planando funzionalmente alla chiusura giusta e al solito un po’ pomposa, utilizzando il mentore Einstein. Il film sembrerebbe aver trovato la sua cifra in questo sub-genere dove Nolan poco intende mettere le mani, affidandosi al genere e alle sue regole. Ci sta, mette tristezza e ci porta ad amare conclusioni, ma forse è giusto così: un film fratellone di Interstellar per tematica scientifica e smodate ambizioni, che a sorpresa ci consegna un Nolan che – tremiamo solo all’idea – si direbbe pronto a passare alla “Grande Storia”…

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