MADEMOISELLE di Tony Richardson, capolavoro da riscoprire

Prima di Michael Haneke e della sua Pianista, ancora meglio prima di quel Nastro Bianco anch’esso immerso in un bianco e nero rurale tragico, ingiusto; in un tempo del cinema free, che dall’Inghilterra si muoveva in Francia, coinvolgeva l’Italia (limitatamente), affrontava con audacia ritratti femminili controversi, annodati nell’inconscio più oscuro (solo un anno dopo avremo la Severine di Bella di Giorno, altrettanto memorabile).

Correva l’anno 1966 e dopo la proiezione al Festival di Cannes il gigante Tony Richardson, premio Oscar tre anni prima con Tom Jones, venne sonoramente fischiato, Pauline Kael e Vincent Canby ne beffeggiarono le velleità autoriali, Mademoseille (in Italia divenne “…E il diavolo ha riso”) finì presto nel dimenticatoio della storia del cinema. Male, molto male, se già solo pochi anni più tardi il regista Richard Lester lo definirà “il piu bel bianco e nero che io abbia mai visto”.

Impossibile recensirlo, Mademoiselle va visto. Ne vanno assaporati la grana e i contrasti nell’eccellente restauro realizzato dal British Film Institute, ne va indagata la profondità e le sfaccettature dell’interpretazione da “Donna in nero” di Jeanne Moreau, ne va verificata la straordinaria tenuta drammaturgica offerta dalle mani di Jean Genet (testo teatrale) e Marguerite Duras (sceneggiatura), in un intreccio capace di proporre personaggi complessi, anche quelli secondari, ed evoluzioni necessarie e credibili; ne va ammirata la fattura registica, la complessità del campionario di immagini, simboliche e suggestive.

Un film diabolico, in effetti il titolo italiano un po’ di ragione pare averla, da riscoprire ed apprezzare per la capacità unica di anticipare temi, mode visive e suggestioni formali.

Lascia un commento