Altro film estremamente contemporaneo nei ritmi, nelle tecnologie mostrate, nelle scelte di messa in scena – come Gone Girl, ma senza quella forza narrativa e quei caratteri. Qui abbiamo dalla sua un eccezionale lavoro combinatorio tra sound design e musiche originali e non, anch’esse palleggiate tra i tappeti disturbanti di Reznor e gli Smith che ascolta il killer senza nome. Dalla sua vanta un protagonista che può caricarsi un intero film sulle spalle, immenso Fassbender, e cedere alla Tilda la sola scena con un’altra star – e infatti guarda caso quel dialogo e l’intera scena sono la deriva del film, il suo precipizio verso un’ultima parte deludente.
Dovrei sforzarmi di trovare e analizzare sensi doppi e metafore soggiacenti, come dicono Menarini e Sangiorgio? Non lo so, avverto semmai un gusto generale di gratuità nell’ineccepibile forma mostrata, che resta prepotente a fine visione, ennesima dimostrazione di glaciale distanza e freddezza di Fincher verso la propria materia – un suo problema da sempre, già Seven era così. Ce ne frega qualcosa? A 45 anni ho bisogno di emozioni e non di teorie, posso quindi riconoscere che non me ne frega nulla e mai lo rivedrò, come mai rividi il super elogiato Zodiac o l’altrettanto acclamato Millennium.
Lascia un commento