Chazelle mai piaciuto, anzi a dire il vero dopo quell’insopportabile Whiplash credo di essermi ben guardato dall’avvicinare qualsiasi altro suo film, compreso il vincitore di Oscar (o soprattutto) La la land. Il mio fiuto invecchia ma non sbaglia.
Qui sono finito nella trappola per noia e per tema, nonostante la lunghezza da brividi speravo di trovarci dentro belle scene, ricostruzioni, umori del passaggio mille volte raccontato dal muto al sonoro, e poi ovviamente la sempre inebriante Margot Robbie, motivo di visione validissimo. Macché, una porcata senza fine. Dalla cacata dell’elefante al vomito sul tappeto dei ricchi, il film inanella una sequela sorprendente di orripilanze, banalità, noiosità, affiancate a dialoghi senza alcun mordente ed efficacia, una storia che oscilla tra la farsa come registro dominante e il falso storico come obiettivo alto, senza mai trovare una logica interna riconoscibile. Unica concessione ad una logica narrativa e ad un rilassamento dei sensi è dato dalla scenona del set sonorizzato e dei ciak infiniti: qui si assapora un vago senso di cinema, seppure sporcato da parolacce e banalità, e dalla morte finale del tecnico del suono a dir poco prevedibile.
Un’operazione oscena e rivoltante dunque, che speriamo etichetti for ever il suo sconsiderato autore, che fatico a capire come persone intelligenti come Azzano di Quinlan e Pacilio degli Spietati abbiano apprezzato. Tutta questione teorica? Temo proprio di si. Ah, ovviamente verso la metà della terza ora, di fronte a un ridicolo e truccatissimo Tobey Maguire, ho spento e mi sono messo a dormire…
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