Ho conosciuto Glauco nel 2014, era attrezzista sul set de L’Uomo che tornò bambino. Simpatico e cinico, disponibile da vero professionista, subito divenne parte di un gruppetto di fedelissimi con cui ci trovavamo anche dopo le riprese. Poi non ci siamo più sentiti, ed ora Glauco non c’è più: durante la festa di fine riprese della serie Catch 22 si è sentito male, nel bagno di un locale romano, nessuno si è accorto di nulla ed è riuscito a salvarlo.
Odio i ricordi manichei post-mortem quindi la faccio breve, e torno indietro a inizio Estate, quando ricevo un messaggino da numero sconosciuto.
“Sono a Viterbo, ci vediamo?”
“Sono a Terminillo, chi sei?”
“Ma non sei di Viterbo? Sono a Piazza della Morte, prendiamoci un caffe”
“Sono di Rieti, mi dici chi cazzo sei?”
“Ah è vero, Rieti…che scemo.. va beh peccato”
“Posso sapere chi sei?”
“Ma no dai, lasciamo un po’ di mistero”
Io non insisto, sono a far trekking e dimentico rapidamente quello scambio surreale. Non ne parlo con nessuno, non gli dò alcuna importanza. Solo dopo la sua morte, per caso, scopro che quel numero era di Glauco, era lui, da Piazza della Morte a Viterbo (che esiste davvero ed è molto conosciuta), che avrebbe voluto incontrarmi.
Piazza della Morte, che idiota scherzo del destino, brivido freddo lungo la schiena. La speranza che possa esistere un senso dietro sopra e intorno alla morte delle persone, anche quando sappiamo benissimo che il caso ha molto più senso dell’ironia del destino. Che infatti non esiste.
Ciao Glauco
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