FINALMENTE L’ALBA di Saverio Costanzo, fiacco tentativo di raccontare il sogno del cinema d’antan

Dedicato alla memoria del padre, si presenta nell’avvio come un Bellissima in salsa Wilma Montesi, rivisto con occhio televisivo e poco nerbo. I dialoghi sono fiacchi, i caratteri forzosi e a tratti ridicoli (penso al fidanzato sudato e napoletano di Mimosa). Quando la vicenda si sposta al giorno dopo, oltre i cancelli di Cinecittà, la mamma esce di scena e le sorelle finiscono nel vortice dei provini, più o meno denudate, allora il film pare perseguire quel racconto di filmmaking d’epoca e molta noia che vede in Once upon a time in america uno dei più recenti e noti esempi: il film americano e il set gigantesco, i capricci della star, le emozioni della popolana lanciata nel mondo der scinema. Tutta roba vista centomila volte e proposta in modo scialbo.

Poi il film prende una piega, imprevista, ma certo non scioccante: insistere su questa non-protagonista e lanciarsi nella folle notte della Dolce Vita. Peccato che la noia continui a dominare i dialoghi, le scene, le caratterizzazioni. Ne sono vittima anche quello splendido corpo filmico di Willem Dafoe e il tentativo di dare voce ad Alida Valli e al suo mito, affidandolo alla rinomata insulsaggine di Alba Rohrwacher. Prosegue il gioco al massacro tra la diva Esperanto e la povera Mimosa lost in translation nel mondo dei sogni finalmente reale, ed orribile, durante una festa che vede personaggi e siparietti succedersi senza capire bene cosa sia quello che stiamo vedendo, senza ritmo, senza una chiara attesa.

Forse il rischio di torturare la povera Mimosa e farne una nuova Wilma Montesi è il sentiero noir, con strizzatina anche a James Ellory, che il film intende percorrere? Certo che no. Si giunge estenuati alle ultime scene, dove viene ribadito quanto già chiaro (la diva è una poraccia, la piccola Mimosa “una grande attrice” – bah) e addirittura entrano in scena effettacci digitali (non la sappiamo fare la CGI, perché insistere?) per far sbucare ai piedi di Trinità dei Monti la leonessa ruggente vista a Cinecittà, che accompagna Mimosa a casa.

Impossibile capire come a qualcuno questo film sia potuto piacere, davvero.

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