Come fai a non partire da Sorrentino? E non da quello delle opere prima e seconda, che amammo, che avevano ancora una strada e un senso – parlo del cinema successivo, con l’abnorme piega estetizzante presa già prima ma soprattutto dopo l’Oscar. Però lì, appunto, hai portato a casa la statuetta, anche se il tuo film fa oggettivamente schifo; lì hai ricevuto onori che premiano quest’atroce esibizione del vuoto, del brutto, dell’inutile, del vanesio e dell’ambizioso. Qui no.
In Enea ritroviamo la stessa ostentata assenza di scrittura, identica vertigine della mdp, simile inseguimento compiaciuto dell’effetto, della gran frase, del senso sopra le nostre teste che lui possiede e potrebbe trasmetterci, se solo fossimo in grado di capire. Ecco, io credo di non capire. Riconosco un talento e un fascino, nella prima mezz’ora di Enea, una curiosità e qualche sfuggente elemento nel proporre figurine della romanità pippata sfinita e fuori giri, soggetto di tante/ troppe storie ormai da tanti/ troppi anni. Parlo in particolare dell’amico aviatore co-protagonista, lo strano intelligente capace di dire sempre la cosa inattesa e giusta, che tanti di noi che hanno frequentato o anche solo avvicinato ambienti simili a quelli descritti dal film abbiamo conosciuto, e capita raramente di vederli ritratti al cinema. Ma prendete la coppia di genitori, o il boss criminale Germano: davvero ci sono dei tratti originali, interessanti, in questi non-personaggi?
A metà stavo per mollare. Andare avanti mi avrebbe reso, moralista che invecchia senza rimedio, colluso con questa sarabanda del nulla. Poi mi son detto no, andiamo fino in fondo, vediamo se la sola linea narrativa che il modernissimo sceneggiatore Castellitto jr ha avuto il coraggio di sviluppare (i 20 milioni, la mala invisibile che lo insegue) ci porterà da qualche parte – un’emozione, un sussulto, magari anche qualcosa di più di una risata volante con sbuffo dal naso. Macché, addirittura il matrimonio (perché? Chi è Eva, cosa significa?) e l’uccisione finale sul fondo (ho dovuto mandare indietro per capire se era Enea a essere ucciso), l’abbraccio e il bacio e il volo totalmente out of the blue dei due genitori, che io veramente dico, è costato 14 milioni sto film (dicono) – ci rendiamo conto, ci rendiamo conto, ci rendiamo conto?
Poi oggi sull’aereo rivedo Get out di Jordan Peele, opera prima perfetta metafora di uno dei grandi problemi del nostro tempo, dove con intelligenza e gusto si incastra (quasi) tutto alla perfezione, che io veramente boh torno a pensare a quella cosa del gap culturale e mi prende lo sconforto.
Non ce la faremo mai.
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